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Mittwoch, 21. August 2019

In una terra del dire orientati al fare

È un recordman mondiale involontario. Non è facile, infatti, avere, ovviamente non per suo merito, una madre di 105 anni, e di avere avuto una nonna che è vissuta altri 105 anni. Lui è Gabriele Morello, 73 anni (sposato con la torinese Nini Bardanzellu, musicista e organizzatrice di concerti, padre di Daniele, psicanalista, e di Chiara, docente in Canada) direttorefondatore dell'Isida (Istituto superiore per imprenditori e dirigenti d'azienda). Lei è Vera Ahrens, ebrea tedesca, oggi la donna più vecchia della Sicilia, che ha trovato a Palermo la sua terra promessa. "Repubblica" si era interessata della famiglia tedesca due anni fa, quando aveva condotto una campagna di stampa per impedire che la giunta Orlando intestasse la strada del quartiere San Lorenzo in cui è ubicata la villa degli Ahrens, perseguitati dai nazisti di Hitler, a Giuseppe Maggiore, giurista e romanziere, che aveva aderito alle leggi razziali fasciste espellendo dall' Università palermitana, di cui era rettore, cinque docenti ebrei, tra cui il futuro premio Nobel Emilio Segre. Contento che la strada alla fine non è stata intestata all' intellettuale razzista? «Certamente. Ho molto apprezzato la sensibilità dell' ex sindaco Orlando che, quando ha capito che non era giusto riaprire vecchie ferite, ha avuto il coraggio di fare marcia indietro. Noi non abbiamo mai ostentato né il nostro ebraismo, né il nostro antifascismo. La nostra famiglia ha subito deportazioni in Germania, è stata spogliata di beni, ma non ci è mai piaciuto fare le vittime. La riservatezza, nella gioia e nel dolore, è un nostro modo di essere». Il professore insegue il mare con gli occhi. Seduto sul terrazzo della sua villa a Fondachello mentre parla guarda il movimento sulla spiaggia. Una cancellata tiene al di là la calca dei bagnanti e il bazar di ombrelloni, secchielli, e salvagenti. L' ombra della tettoia di cemento è resa più fresca dal verde cresciuto ai confini laterali della casa: tamarici, vite americana, oleandri e alberi di alloro. E guardando il mare racconta della sua vita, di come un ramo degli Ahrens finì in Sicilia. «Albert Ahrens, spasimante di mia nonna, Johanna Benjamin, era venuto a vivere in Sicilia per motivi di salute. Un giorno le scrisse una lunga lettera d' amore che concludeva con una richiesta di matrimonio. Lei gli rispose con un laconico telegramma. Una sola parola: ja. Questo telegramma incorniciato è appeso alla parete della casa di una zia come prova della determinazione e della concretezza della mia progenitrice. Per me, invece, è la prova della parsimonia tipicamente ebrea di mia nonna. Un semplice ja per risparmiare parole, e soldi, sul telegramma». Il matrimonio fa scalpore, perché lei nobile e lui di umili origini. Ma come dicono le favole vissero felici e contenti. Otto figli, una è Vera, e tanto amore. «Mio nonno partito da zero si crea presto una buona posizione. Diventa un imprenditore di successo, nei settori dei mobili e dei vini, e frequenta la buona borghesia palermitana, con in testa i Florio». Gabriele Morello rievoca la sua infanzia, in qualche modo dorata, a palazzo Fatta (la nonna paterna era la Baronessa Fatta) di piazza Marina. «Ma la domenica eravamo tutti a Villa Ahrens. Nonni, zii, cugini e amici. Una salutare confusione fatta di giochi e allegria, che poi la guerra interrompe brutalmente. Mio padre perde la fabbrica chimica che ha in Germania, molti parenti vengono deportati. E la villa di San Lorenzo viene venduta. Dopo tanto tempo che non abbiamo notizie di mio padre un giorno lo vediamo spuntare in bicicletta. Dalla Germania fin qui pedalando». È negli anni dell' adolescenza che il professore respira quell' atmosfera internazionale che finirà con il caratterizzare la sua vita. Parla, e scrive correttamente, sei lingue, anzi sette come precisa lui includendovi il siciliano (tedesco, italiano, inglese, francese, olandese, spagnolo e cubano), che gli consentono di svolgere la sua attività di economista e formatore in tutto il mondo. «Ma questa vita da clan non mi ha impedito di conoscere l' altra Palermo, quella dei quartieri popolari. Studiavo al Gonzaga e mi legai a un gruppo di giovani brillanti, Bruno Caruso, Napoleone Colajanni, Enzo Sellerio, e tutti insieme scoprimmo le ragioni della sinistra. Con loro fondai il primo cineclub a Palermo».
Dopo la laurea a Giurisprudenza la conoscenza delle lingue lo porta in giro per il mondo. Borsa di studio a Oxford, master a Stanford in California, dove si nutre del sapere di grandi economisti: Paul Baran, uno dei tre studiosi marxisti Usa, Holis Chenery e il premio Nobel Kenneth Arrow. Al ritorno in Italia l'incontro più importante della sua vita: il grande Adriano Olivetti lo coinvolge nella sua utopia di realizzare un' imprenditoria dal volto umano. E per un triennio, dal '53 al '56, fa spola tra l' azienda di Ivrea e l' Ipsoa di Torino, il pensatoio più moderno e progressista che ci fosse in Europa. Coinvolto nel sogno autonomistico e sollecitato da imprenditori, banchieri e politici siciliani, lascia l' Olivetti e ritorna a Palermo per fondare l'Isida. Il progetto è quello di accompagnare lo sviluppo economico formando una nuova generazione di manager, moderna e dinamica. «La Regione ha tradito in parte le aspettative, peccato perché le potenzialità erano enormi. Per fortuna negli ultimi anni stiamo recuperando tanto terreno perduto. Noi comunque il nostro compito lo abbiamo svolto in modo esemplare». Duemila manager formati in 45 anni di attività, tutti inseriti ad alti livelli. «Dalla nostra scuola, oggi la più antica d'Italia nel campo della formazione, sono usciti tantissimi dirigenti. Alcuni nomi? Nicolò Nefri, consigliere delegato della Rinascente, Tullio Garigliano, segretario generale Ibm per l' Europa, Diego Planeta, imprenditore vinicolo e tanti docenti universitari, politici e alti burocrati». Quello che però ricorda più di tutti è il messinese Rosario Scaramella. «Un tipo estremamente bizzarro e geniale. Laureato in legge ha però una mente matematica. In età adulta è ancora senza patente e per questo i suoi compagni di corso lo sfottono continuamente. A un certo punto sparisce e quando torna ci comunica che fa il pilota collaudatore di formula uno a Monza. Incredibile. Uno così nella vita avrebbe potuto fare di tutto. Oggi vive in Inghilterra e non so di cosa si occupi». Il professore parla della Regione con toni di disappunto: «Non abbiamo mai capito perché abbiano voluto realizzare un secondo centro di formazione, il Cerisdi. Un doppione. Non sarebbe stato più razionale potenziare l'Isida che c'era già?». Poi lamenta l'arrembaggio nel settore formativo. «Tutti fanno di tutto. Poche ore di lezione e parlano di master. Noi siamo una scuola di grandi tradizioni, con venti formatori in pianta stabile, e i nostri corsi sono di 1.500 ore. In una terra del dire noi siamo orientati, e orientiamo, al fare». La direzione dell'Isida, e una cattedra di marketing a Economia e commercio, non impediscono a Morello (che nel frattempo si è anche diplomato in statistica e in psicologia) di operare in tutto il mondo. Docenze e ricerche in America, in Giappone, Olanda, in altri paesi europei, in Cina, a Cuba. A elencare i suoi studi condotti in tutti i continenti, i corsi e le consulenze, non basterebbe lo spazio di questo articolo (e in più 5 libri all' attivo e 180 articoli pubblicati su riviste di prestigio). «Nel paese caraibico vado un paio di volte l'anno per una consulenza con l'Università de l'Avana. Una volta conversando con Fidel Castro, gli racconto dei miei studi con i gesuiti al Gonzaga. Il lider maximo replica che anche lui è stato formato dai gesuiti. E sorridendo, per attivare una sorta di complicità, ne tesse l'elogio». Lo sciabordio del mare con le onde che sbattono sempre allo stesso ritmo sulla battigia, incarnando l'idea del tempo eterno in cui presente, passato e futuro vivono impastati, suggerisce l'ultimo argomento. Morello è uno studioso del tempo. Ha anche ricondotto a formule matematiche e a grafici la scarsa propensione della Sicilia (al fare).   Repubblica

Quando veniva il Kaiser, nella Villa nessuno doveva cogliere i Flieder

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