È un recordman mondiale involontario. Non è facile, infatti, avere,
ovviamente non per suo merito, una madre di 105 anni, e di avere avuto
una nonna che è vissuta altri 105 anni. Lui è Gabriele Morello, 73 anni
(sposato con la torinese Nini Bardanzellu, musicista e organizzatrice
di concerti, padre di Daniele, psicanalista, e di Chiara, docente in
Canada) direttorefondatore dell'Isida (Istituto superiore per
imprenditori e dirigenti d'azienda). Lei è Vera Ahrens, ebrea tedesca,
oggi la donna più vecchia della Sicilia, che ha trovato a Palermo la
sua terra promessa. "Repubblica" si era interessata della famiglia
tedesca due anni fa, quando aveva condotto una campagna di stampa per
impedire che la giunta Orlando intestasse la strada del quartiere San
Lorenzo in cui è ubicata la villa degli Ahrens, perseguitati dai
nazisti di Hitler, a Giuseppe Maggiore, giurista e romanziere, che
aveva aderito alle leggi razziali fasciste espellendo dall' Università
palermitana, di cui era rettore, cinque docenti ebrei, tra cui il
futuro premio Nobel Emilio Segre. Contento che la strada alla fine non è
stata intestata all' intellettuale razzista? «Certamente. Ho molto
apprezzato la sensibilità dell' ex sindaco Orlando che, quando ha
capito che non era giusto riaprire vecchie ferite, ha avuto il coraggio
di fare marcia indietro. Noi non abbiamo mai ostentato né il nostro
ebraismo, né il nostro antifascismo. La nostra famiglia ha subito
deportazioni in Germania, è stata spogliata di beni, ma non ci è mai
piaciuto fare le vittime. La riservatezza, nella gioia e nel dolore, è
un nostro modo di essere». Il professore insegue il mare con gli
occhi. Seduto sul terrazzo della sua villa a Fondachello mentre parla
guarda il movimento sulla spiaggia. Una cancellata tiene al di là la
calca dei bagnanti e il bazar di ombrelloni, secchielli, e salvagenti.
L' ombra della tettoia di cemento è resa più fresca dal verde cresciuto
ai confini laterali della casa: tamarici, vite americana, oleandri e
alberi di alloro. E guardando il mare racconta della sua vita, di come
un ramo degli Ahrens finì in Sicilia. «Albert Ahrens, spasimante di
mia nonna, Johanna Benjamin, era venuto a vivere in Sicilia per motivi
di salute. Un giorno le scrisse una lunga lettera d' amore che
concludeva con una richiesta di matrimonio. Lei gli rispose con un
laconico telegramma. Una sola parola: ja. Questo telegramma
incorniciato è appeso alla parete della casa di una zia come prova
della determinazione e della concretezza della mia progenitrice. Per
me, invece, è la prova della parsimonia tipicamente ebrea di mia
nonna. Un semplice ja per risparmiare parole, e soldi, sul telegramma».
Il matrimonio fa scalpore, perché lei nobile e lui di umili origini.
Ma come dicono le favole vissero felici e contenti. Otto figli, una è
Vera, e tanto amore. «Mio nonno partito da zero si crea presto una
buona posizione. Diventa un imprenditore di successo, nei settori dei
mobili e dei vini, e frequenta la buona borghesia palermitana, con in
testa i Florio». Gabriele Morello rievoca la sua infanzia, in qualche
modo dorata, a palazzo Fatta (la nonna paterna era la Baronessa Fatta)
di piazza Marina. «Ma la domenica eravamo tutti a Villa Ahrens. Nonni,
zii, cugini e amici. Una salutare confusione fatta di giochi e
allegria, che poi la guerra interrompe brutalmente. Mio padre perde la
fabbrica chimica che ha in Germania, molti parenti vengono deportati. E
la villa di San Lorenzo viene venduta. Dopo tanto tempo che non
abbiamo notizie di mio padre un giorno lo vediamo spuntare in
bicicletta. Dalla Germania fin qui pedalando». È negli anni dell'
adolescenza che il professore respira quell' atmosfera internazionale
che finirà con il caratterizzare la sua vita. Parla, e scrive
correttamente, sei lingue, anzi sette come precisa lui includendovi il
siciliano (tedesco, italiano, inglese, francese, olandese, spagnolo e
cubano), che gli consentono di svolgere la sua attività di economista e
formatore in tutto il mondo. «Ma questa vita da clan non mi ha
impedito di conoscere l' altra Palermo, quella dei quartieri popolari.
Studiavo al Gonzaga e mi legai a un gruppo di giovani brillanti, Bruno Caruso, Napoleone Colajanni, Enzo Sellerio, e tutti insieme scoprimmo
le ragioni della sinistra. Con loro fondai il primo cineclub a
Palermo».
Dopo la laurea a Giurisprudenza la conoscenza delle lingue lo
porta in giro per il mondo. Borsa di studio a Oxford, master a
Stanford in California, dove si nutre del sapere di grandi economisti:
Paul Baran, uno dei tre studiosi marxisti Usa, Holis Chenery e il premio
Nobel Kenneth Arrow. Al ritorno in Italia l'incontro più importante
della sua vita: il grande Adriano Olivetti lo coinvolge nella sua
utopia di realizzare un' imprenditoria dal volto umano. E per un
triennio, dal '53 al '56, fa spola tra l' azienda di Ivrea e l' Ipsoa
di Torino, il pensatoio più moderno e progressista che ci fosse in
Europa. Coinvolto nel sogno autonomistico e sollecitato da
imprenditori, banchieri e politici siciliani, lascia l' Olivetti e
ritorna a Palermo per fondare l'Isida. Il progetto è quello di
accompagnare lo sviluppo economico formando una nuova generazione di
manager, moderna e dinamica. «La Regione ha tradito in parte le
aspettative, peccato perché le potenzialità erano enormi. Per fortuna
negli ultimi anni stiamo recuperando tanto terreno perduto. Noi
comunque il nostro compito lo abbiamo svolto in modo esemplare».
Duemila manager formati in 45 anni di attività, tutti inseriti ad alti
livelli. «Dalla nostra scuola, oggi la più antica d'Italia nel campo
della formazione, sono usciti tantissimi dirigenti. Alcuni nomi? Nicolò
Nefri, consigliere delegato della Rinascente, Tullio Garigliano,
segretario generale Ibm per l' Europa, Diego Planeta, imprenditore
vinicolo e tanti docenti universitari, politici e alti burocrati».
Quello che però ricorda più di tutti è il messinese Rosario Scaramella.
«Un tipo estremamente bizzarro e geniale. Laureato in legge ha però
una mente matematica. In età adulta è ancora senza patente e per questo
i suoi compagni di corso lo sfottono continuamente. A un certo punto
sparisce e quando torna ci comunica che fa il pilota collaudatore di
formula uno a Monza. Incredibile. Uno così nella vita avrebbe potuto
fare di tutto. Oggi vive in Inghilterra e non so di cosa si occupi». Il
professore parla della Regione con toni di disappunto: «Non abbiamo
mai capito perché abbiano voluto realizzare un secondo centro di
formazione, il Cerisdi. Un doppione. Non sarebbe stato più razionale
potenziare l'Isida che c'era già?». Poi lamenta l'arrembaggio nel
settore formativo. «Tutti fanno di tutto. Poche ore di lezione e
parlano di master. Noi siamo una scuola di grandi tradizioni, con venti
formatori in pianta stabile, e i nostri corsi sono di 1.500 ore. In
una terra del dire noi siamo orientati, e orientiamo, al fare». La
direzione dell'Isida, e una cattedra di marketing a Economia e
commercio, non impediscono a Morello (che nel frattempo si è anche
diplomato in statistica e in psicologia) di operare in tutto il mondo.
Docenze e ricerche in America, in Giappone, Olanda, in altri paesi
europei, in Cina, a Cuba. A elencare i suoi studi condotti in tutti i
continenti, i corsi e le consulenze, non basterebbe lo spazio di questo
articolo (e in più 5 libri all' attivo e 180 articoli pubblicati su
riviste di prestigio). «Nel paese caraibico vado un paio di volte l'anno per una consulenza con l'Università de l'Avana. Una volta
conversando con Fidel Castro, gli racconto dei miei studi con i gesuiti
al Gonzaga. Il lider
maximo replica che anche lui è stato formato dai gesuiti. E sorridendo, per
attivare una sorta di complicità, ne tesse l'elogio». Lo sciabordio
del mare con le onde che sbattono sempre allo stesso ritmo sulla
battigia, incarnando l'idea del tempo eterno in cui presente, passato e
futuro vivono impastati, suggerisce l'ultimo argomento. Morello è uno
studioso del tempo. Ha anche ricondotto a formule matematiche e a
grafici la scarsa propensione della Sicilia (al fare). Repubblica
Quando veniva il Kaiser, nella Villa nessuno doveva cogliere i Flieder
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